martedì 1 luglio 2014

Credere sì, credere no (segue)


Lunedì 30 giugno è proseguito il dibattito a cura delle dott. Angela Silvestri sul tema della relazione "E' ancora possibile essere cristiani oggi?"  svolta presso il nostro Centro dal teologo Roberto Repole.
Vediamo alcune delle sfide legate alla nostra cultura.

Il disincanto del mondo C'è stato un tempo in cui si aveva la sensazione che tutto quello che capitava nel mondo avesse a che fare in un modo immediato con forze trascendenti questo mondo, una specie di mondo incantato. Oggi per mille motivi, non ultimo la ricerca scientifica, non viviamo più in un mondo incantato, neppure i credenti, perché riteniamo che appunto il mondo non è incantato.

Ci domandiamo:   è possibile essere cristiani e affidarsi completamente a Dio in un mondo di questo tipo? Oggi “la fede è una scelta possibile, ma non unica”! oggi quella della fede è una possibilità che sta davanti alla possibilità uguale e contraria della “non–fede” della “non-credenza”. Anzi, ci sono dei non credenti che non solo non sono cattive persone, ma possono avere delle preoccupazioni etiche, una ricerca di bontà. Questo significa io credente so di dovermi continuamente confrontare con la possibilità uguale e contraria della non credenza,  e tu non credente sai di poterti e doverti confrontare con la possibilità uguale e contraria della fede e della credenza, ma ci sentiamo tutti liberi di credere e di non credere. Oggi abbiamo  “la società complessa”. Nel passato la dimensione religiosa strutturava la società in quanto tale.   Oggi non è che non vi sia più spazio per la religione, ma c’è l’autonomia di diverse sfere. La politica si sente autonoma, l’economia si sente autonoma, la scienza si sente autonoma. «E’ il processo di secolarizzazione»; la religione non può più pretendere di unificare il tutto. L’economia in questi ultimi anni è diventata “una religione”!Noi ragioniamo oramai sulla base “dell’utile” o del “non-utile”. Non è che tutto è bello o va necessariamente per il bene.  Ma dobbiamo riconoscere che se qualcuno vuol essere credente deve farlo in un mondo di questo tipo.

L’ultimo elemento è una “cultura democratica”. Una società non democratica spesso era una società in cui si poteva avere l’idea e la prospettiva che chi deteneva il potere lo deteneva addirittura in nome di Dio; oggi tutti respiriamo in un mondo secolarizzato che si rivela anche in questo aspetto, nella democrazia e nel fatto di dire: «Chi ha il potere ce l’ha perché gli deriva da altri uomini», perché sono gli uomini e non altro a decidere come organizzare la loro vita sociale.

Come ripensare la vita cristiana dentro questo mondo qui, in modo che possa essere plausibile, veritiera, sensata, anzitutto per chi è cristiano e possibilmente possa rappresentare una domanda, anche per chi cristiano non è, rompendo quella logica che spesso attraversa i nostri modi di parlare secondo cui chi è credente non  pensa e chi pensa non è necessariamente credente? Una vita cristiana può essere vissuta oggi in tutta la pienezza soltanto se accetta di essere una vita pienamente responsabile, ma che nello stesso tempo sia abbandonata totalmente nella mani di Dio.

Forse è così anche proprio perché Dio vuole che gli uomini, che non sono dei fantocci, ma creature ad immagine di Dio, riescano a esprimere tutte quelle potenzialità che sono in loro potere e si prendano la responsabilità di tutto quello che è in loro potere e che non c’è niente di male ad essere cristiani, credenti, e a vivere così. Si può essere credenti sapendo che si ha un’intelligenza, un cuore, una fantasia, una creatività, per cercare, da credenti, tutte quelle soluzioni ai problemi miei, del mio fratello, dell’altro e del mondo intero che sono nella nostra possibilità di creare e di trovare.

Forse proprio questo tempo del disincanto del mondo ci manifesta ancor di più che il Dio di Gesù  non è il grande burattinaio della storia, ma è Colui che ci ha voluti come persone capaci di assumerci delle responsabilità; quando c’è una malattia, un cataclisma, una povertà, è il segno che Dio non lo possiamo mettere in ballo come se fosse una cosa tra le altre: Dio è trascendente! E proprio per questo però questa responsabilità si deve accompagnare con l’abbandononelle Tue mani alla fine consegno il mio spirito”.

La vita cristiana può essere una vita veramente sensata nella misura in cui si sente interpellata a mettere a tema una dimensione profonda della fede che è la libertà! Se è vero che oggi si può essere credenti ma si può anche non essere credenti, questa stagione è la più adatta per riscoprire da cristiani che la fede è quell’atto di riconoscimento, di riconoscenza, è autenticamente cristiana quando è libera. Ci sono delle belle possibilità oggi. Questo è un tempo in cui riscopriamo che è possibile essere credenti mentre è possibile non essere credenti: forse è proprio quel tempo adatto (“Kairos”) per riscoprire che la fede è vera quando è libera.

In un tempo così, in cui si può essere credenti e non credenti e ugualmente interessati ai valori etici non sarà questo un tempo fondamentale per riscoprire che un cristiano è tenuto a mostrare con la sua vita che quella fede è una fede che lo umanizza, che lo rende più buono. Al credente è richiesta una carica profetica.  Ciò che colpisce è che tra i cristiani di oggi ci sono persone che sono diventate competentissime in alcune scienze di questo mondo, diventando veramente anche delle personalità, e che continuano  però ad avere una fede a livello dei bambini delle scuole elementari, perché non l’hanno più fatta crescere. Ed a un certo punto le due cose vanno in rotta di collisione necessariamente perché non si può essere iper-adulti in una qualche scienza in cui ci si è giustamente fatti una grandissima competenza e rimanere oggi dei bambini nelle cose della fede.

Diceva Agostino:  “La fede se non è pensata, non è”!

Questo è ciò che un cristiano deve fare per sé ed è poi qualche cosa che ha da fare per altri nel momento in cui ha la pretesa, vorrei dire legittima, di essere un cittadino di questo mondo e di portare la sua visione del mondo come un’offerta perché possa essere sensata e vivibile anche per altri.

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